Siddhārtha Gautama, meglio conosciuto come Gautama Buddha, il Buddha storico, Buddha Śākyamuni o semplicemente Buddha, è stato un monaco, filosofo, mistico e asceta indiano, fondatore del Buddhismo.
Gli studiosi lo considerano una delle più importanti figure spirituali e religiose dell'Asia e del mondo e storicamente lo collocano tra il 566 a.C. e il 486 a.C. Recentemente, in seguito al ritrovamento di nuovi documenti e testi, di cui è stata accertata l’attendibilità, la sua esistenza è stata posta due secoli più tardi.
Questo scritto però non vuole solo elencare fatti, notizie e citazioni, “rubate” da fonti storiche certe ed attendibili, ma, pur consapevoli della difficoltà di tale compito, vuole provare a raccontarvi, in maniera oggettiva e neutra, la vita di colui che è venuto al mondo per essere il Buddha.
Esistono innumerevoli biografie che, attraverso racconti e leggende, hanno in comune l’obiettivo di evidenziare la straordinarietà dell'avvenimento e di chi fosse venuto al mondo.
Tutte le fonti concordano sul fatto che egli provenisse da una famiglia ricca e nobile, del clan degli Śākya, da cui, appunto, ha origine l'appellativo Śākyamuni .
Da subito, Siddharta, mostrò precoci doti e capacità contemplative, che non rispecchiavano il volere di suo padre che lo avrebbe voluto, invece, come suo successore. Convolò a nozze giovanissimo, all'età di sedici anni, con una sua cugina, con la quale ebbe un figlio che venne chiamato Rāhula.
Nonostante il costante tentativo paterno di indirizzarlo verso una vita “normale” e “prestabilita”, il suo destino era già scritto.
Infatti giunse, molto presto, il momento in cui Buddha lasciò la sua casa per andare a combattere quella “battaglia”, finalizzata alla ricerca spirituale, che, ormai, non poteva più attendere.
Si trattava, però, di un conflitto contro i propri nemici interiori e nella piena consapevolezza che, da li in avanti, tutta la sua vita sarebbe stata incentrata su questo.
Per poter sopportare la sofferenza generata da una tale scelta, ebbe quindi la necessità di comprendere la natura della nascita, della vecchiaia, della morte, della rinascita, della tristezza e della confusione.
Sarebbe stato necessario trascendere i limiti della propria vita, fino ad allora piena di ogni comodità e tranquillità, e non abbandonare mai più il compito di giungere alla scoperta della verità.
La sola ricerca mentale della liberazione si sarebbe rivelata così come l’unica verità.
Buddha divenne così un ricercatore spirituale ed apprese, da due maestri, le tecniche per raggiungere la stabilità mentale e la concentrazione senza forme. Fu capace di non provare più dolore e nemmeno felicità. Però non si sentiva mai soddisfatto, se non per brevi momenti, perché la sua ricerca era rivolta alla durata permanente, di questi stati, così da raggiungere quel senso di impermeabilizzazione ed isolamento da tutti quei sentimenti contaminati. Lui cercava la risposta e soluzione contro quelle forme di sofferenza più universali. Fu così che praticò, insieme a 5 amici, una forma estrema di ascetismo che non gli permise di risolvere i problemi più profondi connessi al ciclo delle rinascite.
Scelse di abbandonare l´ascetismo e si ritirò da solo, per meditare, con lo scopo di opporre resistenza a quel sentimento di paura, generato da un atteggiamento auto-gratificante e di rifugio in quel concetto di un “io” impossibile, più forte dello stesso atteggiamento che lo spingeva, come un’ossessione, verso la ricerca del piacere ed il divertimento.
Dopo aver meditato lungamente, Buddha raggiunse la totale illuminazione grazie al fatto che ottenne tre tipi di conoscenza: la conoscenza completa di tutte le sue vite passate, del karma e delle rinascite di tutti gli altri esseri e delle quattro nobili verità. A questo punto gli fu possibile , tramite l´illuminazione, raggiungere l´onniscienza.
Inizialmente non fu convinto che tali insegnamenti dovessero essere trasmessi agli altri . Si preoccupava e temeva che non lo avrebbero capito. I testi riportano che, solo successivamente, cambiò idea in seguito all’intervento ed alla richiesta delle divinità indiane, Brahma e Indra, che lo pregarono di condividere e di “donare” tali insegnamenti. Infatti, secondo le stesse divinità, se non fosse accaduto, il mondo avrebbe sofferto senza fine .
Tali insegnamenti vennero definitivamente “consacrati” e riconosciuti come gli unici mezzi per poter porre fine alle sofferenze di tutti. I soli capaci di intervenire sulle modalità, di esistere, di ogni essere umano, consentendogli di intervenire sulla vera propria sofferenza e sulle vere origini della stessa.
Fu così che Buddha, nelle vicinanze di Sarnath, presso il Parco delle Gazzelle, insegnò “ Le 4 Nobili Verità” ai suoi cinque vecchi compagni. Quanto accadde, letto in chiave simbolica buddista e dove le gazzelle simboleggiano la massima espressione del significato di dolcezza, è la rappresentazione del Buddha che si avvale di un “metodo dolce” grazie al quale è possibile evitare gli estremi dell´edonismo e dell´ascetismo.
In breve tempo, poi furono molti quelli che si unirono, a lui, nella ricerca spirituale e, presto, si stabilirono e si formarono numerose comunità “monastiche” individuali in varie località.
Queste furono istituite secondo criteri pratici, rispettando certe restrizioni per evitare conflitti con le autorità secolari. Si voleva evitare problemi e comportarsi in un modo che avrebbe garantito il rispetto delle popolazioni per le comunità e per gli insegnamenti . In questo modo, la gente avrebbe avuto una buona impressione del Buddismo e lo avrebbe, di conseguenza, rispettato.
Il Lam Rim Chen Mo “Il Grande Trattato sugli Stadi del Sentiero dell’Illuminazione”, venne scritto da Lama TsongKhapa tra il 1357 e il 1419. Il testo costituisce una delle tradizioni dottrinali più interessanti e complete del Buddhismo tibetano.
Formulato per un vasto scopo, integra tutti gli insegnamenti di Buddha Shakyamuni. In particolare fa riferimento alla breve ma profonda sintesi dell’opera scritta dal grande maestro e Boddhisattva indiano,Atisha, “La Lampada sul sentiero dell’Illuminazione”.
Il Lam Rim è risultato essere di fondamentale importanza poiché capace di dettare e stabilire un ordine logico agli insegnamenti del Buddha delineando uno schema graduale e facile da comprendere e inglobando tutto ciò che è necessario per il raggiungimento dell’Illuminazione
L’essenza della pratica buddhista sta nell’addestrare la mente per eliminare in modo graduale gli stati negativi e sviluppare quelli positivi. Una mente in balia di quelli che vengono chiamati i veleni mentali, genera sofferenza, al contrario una mente controllata e pura è fonte di pace e tranquillità.
Con semplicità, il Lam Rim , ci indica come praticare e applicare, nella vita quotidiana, qualunque conoscenza di Dharma appresa e ci dona gli strumenti per lavorare sugli insegnamenti di tutti i Sutra e i Tantra, esposti dal Signore Buddha Shakyamuni, in modo pratico ed efficace.
Tali insegnamenti non indicano solamente come raggiungere le realizzazioni nelle sedute di meditazione ma ci mostrano come dirigere il corpo, la parola e la mente in maniera positiva, in ogni nostra attività quotidiana facendola così diventare preziosa e significativa.
Il Sentiero Graduale è basato sulla moralità ma culmina nello sviluppo della compassione e nella saggezza.
Poiché non tutti i praticanti sono uguali e allo stesso livello, Lama TsongKhapa suddivide la via all’Illuminazione in tre aspetti principali, Rinuncia, Compassione e Vacuità, ognuna delle quali con meditazioni specifiche dei vari aspetti.
Dapprima si medita sulla rarità della preziosa nascita umana, che è l’unica che ci permette di comprendere e praticare il Dharma, poi si contempla l’impermanenza e la morte, visualizzando le sofferenze dei sei regni e rinunciando a ogni rinascita in essi.
Così facendo si è in grado di sviluppare la bodhicitta, la volontà di raggiungere l’Illuminazione, non solo per noi stessi ma per la forte aspirazione di voler liberare dal samsara tutti gli esseri senzienti.
Si inizia cosi la pratica delle sei perfezioni, per arrivare, infine, alla comprensione della vacuità di esistenza intrinseca.
L’unica possibilità per fallire, nel Lam Rim, è abbandonarlo ma, anche in questo caso, si manterrà il beneficio, derivante da qualsiasi energia karmica positiva, accumulato durante gli sforzi compiuti fino a quel punto.
Molti Lama e Ghesce tibetani scrivono commentari al Lam Rim.Tutte le quattro scuole del buddismo tibetano ,ossia Nyingma,Sakya,Kagyu e Gelug posseggono insegnamenti Lam Rim proprio ad evidenziare e sottolineare l’importanza di questa pietra miliare.